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Lunedì, 30 Marzo 2020 21:25

Andrà tutto bene?

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L’auspicio del titolo, senza il punto interrogativo finale aggiunto da chi scrive, che gira da qualche settimana sui social e scritto sui balconi o dalle finestre di intere famiglie barricate in casa senza nemmeno la possibilità dell’ora d’aria è ovviamente declinato al futuro.

Su quali basi sia stato coniato non è chiaro anche se, con l’aggiunta di qualche inno di Mameli cantato qua e là e le immagini, ripetute in televisione come un mantra del Mondiale di calcio del 2006, che ironia della sorte abbiamo vinto proprio in quella terra di Germania che oggi più che alla solidarietà comunitaria pensa al proprio portafoglio, sa tanto di retorico e di diversivo per non mettere troppo in evidenza il dramma del presente.

Un presente  molto più critico per gestire il quale servirebbero nervi saldi e decisori responsabili e capaci, una classe politica adeguata e preparata. Personalmente trovo meritevole di apprezzamento, visto il contesto, l’azione del Premier Conte (salvo la mancata chiusura delle fabbriche di armi e quindi di ulteriore morte sparsa per il Globo e inutile rischio per i lavoratori) mentre ciò che manca clamorosamente è tutto il resto della catena di comando o, per dirla in termini non militari, l’organizzazione dello Stato a partire dalle Regioni.

Regioni che si muovono per conto proprio e senza un coordinamento centrale in un’assurda guerra di malcelata autarchia sfociata in questi giorni in un poco solidaristico litigio tra alcuni governatori del nord e il Ministro degli Affari Regionali Francesco Boccia colpevole, a detta loro, di aver dichiarato che: “nessuna Regione ce l’avrebbe fatta da sola. Sarebbero crollate tutte”. Non nutro alcuna simpatia né apprezzamento per questo Ministro, ma ciò che ha dichiarato è il minimo che avrebbe potuto e dovuto dire nel suo ruolo di garante di tutti gli italiani oppure secondo qualcuno gli italiani non sono tutti uguali?

Lo spettacolo che stanno dando le Regioni di fronte a questa emergenza è imbarazzante e non potrebbe essere diverso visto sono state loro le prime ad accettare i drastici tagli, a favore del privato, che hanno messo in ginocchio una sanità pubblica fino a qualche decennio fa all’avanguardia mondiale.

La situazione in Piemonte, sull’onda di quella lombarda, sta diventando critica e gli ospedali sono pieni a partire da quello di Ivrea che conosciamo meglio. Qui sono stati chiusi praticamente tutti i reparti per dedicarli ai malati Covid, ma l’afflusso, almeno per ora, non si ferma. Mancano DPI, medicine, materiale ordinario, ma come è possibile, in un Paese civile che tutto questo sia potuto accadere? Leggiamo sui giornali locali che sono arrivati dei ventilatori polmonari grazie alle donazioni raccolte da cittadini in ginocchio che magari non stanno lavorando e, se autonomi, senza nessuna garanzia di incasso (commercianti, professionisti, artigiani, ecc.). I ventilatori sono il cuore della terapia intensiva, ogni apparecchio può salvare una vita e li si compra solo se ci sono le collette? Un’ASL che ha chiuso lo scorso bilancio con un buco di 80 milioni oggi non è in grado di fornire ai propri dipendenti nemmeno i dispositivi minimi di protezione obbligatori per non mandare i propri dipendenti allo sbaraglio. Tutto normale?

Qualcuno non ha ancora capito che stiamo affrontando un’emergenza epocale che rimarrà nella storia. Non sappiamo nemmeno se e come ne verremo fuori e la politica non riesce a trovare leve per forzare una burocrazia e un’incompetenza nei ruoli apicali che ci sta portando sull’orlo del baratro? A Castellamonte c’è un Ospedale praticamente nuovo e non utilizzato; con interventi minimali si potrebbe attrezzare e riaprire in pochissimo tempo e non lo si fa mentre leggiamo sui giornali che verranno attrezzate a struttura Covid le OGR di Torino officine nate per la riparazione dei treni poi hub culturale e centro polifunzionale, ma con la sanità che c’azzecca? E’ tutto normale?

A Ivrea e in Canavese, come nel resto di Italia, ci sono delle strutture private che hanno spazi, attrezzature e personale che potrebbero essere risolutivi, ma non vengono presi in carico dal pubblico come prevede la legge. Perché?

All’Ospedale di Ivrea, oltre le fantomatiche mascherine, mancano materiali sanitari e medicinali reperibili e disponibili sul mercato, alcuni anche di costo irrisorio, perché non vengono acquistati e distribuiti con la massima urgenza? Per superare questo impasse stanno nascendo comitati e associazioni spontanee di cittadini che vanno nelle farmacie e nelle aziende a comprarli e distribuirli direttamente alle strutture. A questo siamo arrivati dopo anni di tagli, sprechi, corruzione, malaffare all’Interno del Sistema Sanitario Nazionale e mai nessuna responsabilità di nessuno. In questo momento in cui tutti stanno tirando la cinghia e faticano ad arrivare a fine mese è possibile sapere quanto guadagnano i vertici della sanità piemontese e quanto hanno destinato dei loro stipendi e bonus all’emergenza coronavirus?

Il Presidente della Regione Cirio, tempo fa, ha dichiarato che avrebbe fatto fare il tampone a tutti gli operatori sanitari e nulla è accaduto e così chissà quanti operatori asintomatici potrebbero essere positivi mettendo a repentaglio la loro salute oltre che essere loro stessi causa di contagio. Ma chi occupa determinati ruoli se non ha la certezza di ciò che dice non potrebbe evitare di fare dichiarazioni che possono creare aspettative e speranze?

Troppi operatori sanitari sono morti in questa assurda emergenza perché mandati allo sbaraglio. I datori di lavoro non dovrebbero essere responsabili della sicurezza e della salute dei propri dipendenti?

Leggiamo sulle prime pagine dei giornali mainstream che il Sindaco di Milano Sala invoca, a emergenza finita una Costituente per la ricostruzione. Perfetto, ma gestita da chi? E’ possibile  anche solo immaginare che chi ha contributo a distruggere il Paese possa tirarci fuori da questo disastro annunciato? Serve una cesura netta con un sistema politico-economico, quello liberista, che si è dimostrato fallimentare. I poteri forti cominciano a mettere le mani avanti, ma se non si coglierà questa occasione per cambiare radicalmente registro, paradigma e classe dirigente il futuro rischia di diventare peggio di un incubo.

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Francesco Comotto

Consigliere Comunale a Ivrea dal 2013.

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