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Giovedì, 04 Giugno 2020 12:16

Tirare a campare

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Il 22 gennaio si è svolto l’ultimo Consiglio Comunale pre-pandemia. Per riprendere l’attività consigliare abbiamo dovuto aspettare, dopo ripetute sollecitazioni da parte nostra e dei colleghi di minoranza, il 20 maggio, la bellezza di 4 mesi.

Dopo quella prima seduta nella quale, di fatto, sono state solamente ratificate alcune decisioni della Giunta, assunte in occasione dell’emergenza covid, siamo arrivati al Consiglio Comunale del 28 maggio scorso convocato per smaltire interpellanze e mozioni accumulatesi nel frattempo; una di queste datava addirittura 19 dicembre 2019.

Dopo questa lunga sospensione dell’attività istituzionale, durante la quale Sindaco ed esecutivo hanno fatto di testa loro senza mai coinvolgere i consiglieri comunali, gli ultimi due consigli ci hanno consegnato la rappresentazione plastica di quello che potrebbe essere il leit motiv che ci accompagnerà verso il prosieguo del mandato amministrativo.

Il Sindaco, che in campagna elettorale aveva promesso e garantito la sua piena autonomia decisionale nei confronti dei partiti della sua coalizione, è ora chiaramente condizionato dalle scelte del partito di Salvini e dalle pressioni dei parlamentari di riferimento.

L’ultimo caso che conferma questa sudditanza, che ha tenuto banco nelle ultime settimane, riguarda la gestione del Movicentro, quella strana struttura faraonica senza né capo né coda, costruita in periodo di vacche grasse con un costo di circa 6,5 milioni di euro.

Per chi non conoscesse la storia dall’inizio ricordiamo che il progetto regionale “Movicentro”, il cui primo accordo di programma fu firmato nel 2003, nasce quale tassello di una nuova mobilità sostenibile tramite la creazione di una serie di “nodi di interscambio per rendere più agevole e vantaggioso il ricorso a mezzi di trasporto collettivo per la soddisfazione della domanda di mobilità dei cittadini”. Nodi che “se opportunamente attrezzati e organizzati in ragione delle specificità locali (con passaggi pedonali, parcheggi, terminal autobus, servizi commerciali, sistemi tariffari, ecc.), dovrebbero promuovere il trasbordo dei viaggiatori da un mezzo all’altro e rendere più accessibile e vantaggioso il ricorso a mezzi di trasporto collettivo per la soddisfazione della domanda di mobilità dei cittadini”.

Lasciamo al lettore il giudizio sulla corrispondenza tra quanto progettato e realizzato e la funzione originariamente destinata a tale struttura. Più che un nodo di agevole interscambio, così come è stato concepito, a noi sembra più un energivoro percorso ad ostacoli vincolato pesantemente all’utilizzo di ascensori spesso non funzionanti. Ma questo ovviamente non riguarda l’attuale amministrazione trattandosi di un’opera risalente al primo decennio del terzo millennio. Accortesi dell’inutilità e degli elevati costi di gestione e manutenzione della struttura le amministrazioni precedenti più volte hanno tentato di concederlo in comodato a qualcuno che si accollasse almeno una quota delle spese di luce, riscaldamento e pulizia, ma con scarsa fortuna. Almeno fino al 2014 quando, con un bando pubblico su progetto, la gestione dell’immobile è stata regolarmente assegnata alla cooperativa sociale ZAC tramite un contratto di 6 anni che prevede un rinnovo su semplice “provvedimento espresso” dell’Amministrazione in carica.

Il resto è storia recente e ogni eporediese sa, o ha avuto occasione di leggere sui giornali, quali siano le attività portate avanti in quel luogo per cui non le ribadiamo in questo articolo, ricordando solamente che ad oggi quell’esperimento sociale nato nel 2014 dà lavoro a 12 persone comprese 3 persone svantaggiate ai sensi della Legge 381/91, sostenendo inoltre una serie di piccoli produttori, agricoltori, artigiani, negozi e fornitori locali e utilizzando i loro prodotti anche nel bar ristorante.

Ritornando all’attualità abbiamo appreso dai giornali, come al solito, che l’Amministrazione avrebbe deciso di non rinnovare tale contratto limitandosi a prorogarlo fino a fine anno per poi emanare un nuovo bando mettendo ovviamente a rischio in tal modo la continuità del servizio e delle attività finora svolte compresa la possibilità di accedere a finanziamenti senza la garanzia di qualche anno di futuro utilizzo della struttura.

Di tutto questo però non si sa niente e i consiglieri comunali, per lo meno quelli di minoranza, non sono stati per nulla coinvolti, nemmeno tramite le competenti commissioni, e si apprende di questa volontà da una curiosa lettera da parte di alcuni consiglieri di maggioranza indirizzata al Presidente del Consiglio Comunale. Tale missiva cita una precedente riunione di maggioranza e quindi non si capisce la necessità di trasmetterla ad un soggetto istituzionale che di quella maggioranza fa parte, e quindi certamente già a conoscenza della questione, se non per esprimere la chiara volontà di mettere pressione al Sindaco e a quegli assessori/consiglieri che su questa decisione non si trovano d’accordo. Molto discutibile poi, e questo lo abbiamo ribadito in Consiglio Comunale, che il Presidente del Consiglio, che dovrebbe essere il garante, terzo e trasversale, del buon funzionamento dell’Assemblea cittadina non abbia trasmesso questa lettera ai consiglieri di minoranza.

La presunta motivazione della proroga di 6 mesi è quella di “valutare i termini del contratto e verificare il rispetto dello stesso da parte del comodatario”, ma visto che il contratto scade il prossimo luglio c’era tutto il tempo per svolgere questa legittima e sacrosanta attività di controllo (l’attuale Amministrazione è in carica da 2 anni) in modo da poter rinnovare o revocare il comodato nei termini stabiliti. La proroga di 6 mesi è solamente un diversivo per spostare l’attenzione dai problemi in seno alla maggioranza ed è inaccettabile che per questioni politiche interne si rischi di mettere a repentaglio un’esperienza socio-economica unica e molto positiva per la città. Ciò che abbiamo ribadito in Consiglio Comunale è che la nostra non è una presa di posizione aprioristica a favore di alcunché, ma sarebbe necessario un confronto non ideologico e basato sui contenuti. Se qualcuno della maggioranza ha conoscenza di irregolarità nella gestione del bene concesso in comodato le esprima pubblicamente, ma si eviti di buttare in pasto all’opinione pubblica, tramite irrituali lettere “istituzionali” o i social, illazioni o dubbi non confermati da atti o fatti.

Per ora sono stati evitati danni solo grazie alla tempestività della reazione della minoranza e la raccolta di 5.000 firme nel giro di pochi giorni, ma l’attenzione andrà tenuta alta perché luglio è prossimo ad arrivare.

Questa gestione ideologica della cosa pubblica in stile “assalto alla diligenza” non è un bel vedere e di certo non giova ad una città che, dopo anni di immobilismo delle precedenti amministrazioni, meriterebbe di poter vivere una rinascita economica e culturale basata su valori ben più alti di una mera spartizione di incarichi per interesse di parte e di partito.

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Francesco Comotto

Consigliere Comunale a Ivrea dal 2013.

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