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Martedì, 28 Luglio 2020 12:33

Disumanesimo

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L’Italia è stata la culla di quel fenomeno filosofico e politico, in un’accezione ampia del termine, definito come Umanesimo. Una corrente culturale che, dalla fine del trecento del secolo scorso, ha traghettato la società fuori dall’oscurantismo medievale per accompagnarla verso quel periodo di grande fervore artistico e culturale che darà vita al Rinascimento.

Movimento filosofico, ma anche civile e politico che varcò le Alpi per estendersi a tutta l’Europa annoverando tra i propri cultori studiosi, letterati, filosofi come Pico della Mirandola, Tommaso Moro, Erasmo da Rotterdam il cui nome, non a caso, è stato preso in prestito per una delle migliori iniziative di scambio culturale e relazionale giovanile dell’Unione Europea: il progetto Erasmus.  Iniziativa che negli scorsi decenni ha dato la possibilità a migliaia di studenti di conoscere i loro coetanei europei, di migliorare le proprie conoscenze linguistiche, di entrare in contatto con culture diverse, di aprirsi ad una visione cosmopolita ed egualitaria della società del futuro. Oggi invece assistiamo, senza opporre la necessaria resistenza, a fenomeni globali di chiusura, di ripudio  delle minoranze, di opportunismo politico fondato sull’interesse personale, di recrudescenza di nazionalismi che speravamo caduti nell’oblìo.

Il critico letterario e professore emerito di letteratura italiana Ugo Dotti, recentemente scomparso, in uno dei suoi numerosi libri su Francesco Petrarca, ritenuto uno dei padri dell’Umanesimo italiano, parla di questa corrente di pensiero come di un: “Elogio dell’operosità umana, le lettere come nutrimento dell’anima, lo studio come fatica incessante e inarrestabile, la cultura come strumento del vivere civile”. L’Umanesimo prende spunto dall’Humanitas latina a sua volta ispirata dalla fiosofia greca e soprattutto dallo stoicismo secondo il quale tutti gli uomini soggiacciono ad un’unica legge della natura e a un ideale di giustizia universale. Gli uomini come cittadini del mondo accomunati da un desiderio di conoscenza che li distingue dal resto degli esseri viventi. Valori alti che un’evoluzione corretta avrebbe dovuto mettere al centro della società e del vivere civile e pacifico degli uomini e invece oggi siamo immersi in una brodaglia insopportabile di razzismo, violenza spesso gratuita, ingiustizie verso i più deboli, discriminazioni di ogni tipo, corsa all’accumulazione di ricchezza. Eppure nella storia gli uomini si sono spesso interrogati sul loro ruolo nell’universo, sulla convivenza con il resto degli esseri viventi e con la natura più in generale, ma poi questo tipo di dibattito è sparito dall’agenda della politica che nel tempo ha sostituito i filosofi e gli uomini di cultura con gli economisti.

Interrogarsi su chi siamo e dove andiamo è stato per secoli il nocciolo del dibattito pubblico tanto che si può tranquillamente affermare che l’humanitas di Sant’Agostino e quella di Cicerone, nonostante il divario temporale tra di loro, fossero sostanzialmente la stessa cosa basandosi su valori, oggi sempre più flebili, come l’onestà, il rispetto, l’amicizia e soprattutto il desiderio di conoscenza, di arte, di cultura. Una cultura che non sia solamente elemento di crescita soggettiva, ma uno strumento di crescita e di miglioramento della collettività e della società più in generale.

Al centro di ogni dibattito e di ogni riflessione c’era sempre l’uomo con i suoi bisogni, le sue esigenze, le sue domande, i suoi dubbi sull’esistenza.

Oggi, e da un po’ di tempo ad onor del vero, stiamo assistendo al ribaltamento di questo modo di pensare e di vivere in un mondo pacifico in cui l’unica razza è quella umana e nel quale chi ha la fortuna di avere di più mette a disposizione di chi ha bisogno parte della propria ricchezza materiale.

Perché scrivere queste cose proprio ora? Lo spunto è partito  da alcune considerazioni e alcune evidenze con le quali ci stiamo confrontando in questo periodo di post covid dove sembra che la lezione del virus e della pandemia non ci abbia insegnato nulla, anzi l’esatto contrario. La politica pare incapace di tracciare una via e i governi di mezzo mondo stanno intraprendendo una deriva autoritaria e di chiusura che spaventa, che sta negando alle nuove generazioni un futuro pacifico, di prosperità e benessere non solo materiale, ma anche spirituale.

Questa mancanza di politica “vera” sta creando situazioni nelle quali a decidere le sorti dell’umanità non sono le menti migliori, più buone e giuste, in qualità di rappresentanti del popolo, ma i potentati economici globali che ormai sono in grado di influenzare i governi disgregando e depotenziando quel sistema democratico che è costato in passato il sangue e il sacrificio di milioni di giovani.

Non sono più l’uomo e la vita il centro del dibattito, ma l’interesse dei singoli. Che sia sete di potere o di soldi poco importa. Il risultato è che oggi non esiste praticamente più un dibattito pubblico basato sull’interesse collettivo e il bene comune e si passa pure oltre le questioni inerenti la salute dei cittadini. Il discorso è purtroppo molto ampio, ma se vogliamo fare un esempio molto attuale guardiamo al dibattito, che non c’è, sul 5G, compresi 4G, 3G e precedenti; sulla potenziale pericolosità dell’aumento abnorme delle onde elettromagnetiche. In un mondo ideale e “normale” una qualunque innovazione tecnologica, un farmaco, un nuovo materiale dopo essere stati prodotti dovrebbero venire sottoposti ad analisi e test, scientificamente validati, che ne garantiscono la non nocività sia per gli esseri umani che per l’ambiente più in generale. Oggi invece le grandi compagnie di telecomunicazione stanno facendo passare un altro messaggio, a governi servili interessati solo  ai miliardi di euro incamerati con  il rilascio delle concessioni, e cioè che non essendoci studi scientifici che certificano la nocività, ad esempio della tecnologia 5G, non esistono rischi. A parte che studi scientifici che evidenziano la pericolosità delle onde elettromagnetiche in generale ce ne sono e parecchi come è possibile sperimentare, ovviamente da parte di enti di ricerca indipendenti  e non legati alle aziende produttrici, una tecnologia non ancora messa loro a disposizione? La soluzione trovata dai giganti delle TLC è semplice: sperimentiamo direttamente sulla popolazione, comprese le fasce più a rischio, irraggiando quartieri e aree delle città anche densamente popolate e poi, magari tra vent’anni, si vedrà. Così come è successo con molti materiali inizialmente ritenuti economicamente validi per poi dimostrarsi tossici, cancerogeni, pericolosi per la salute, uno su tutti: l’amianto. Visto che gli argomenti dei “favorevoli a prescindere” sono pochi e quasi  mai documentati anticipiamo a chi sosterrà, qualcuno già lo fa, che il 5G ridurrà il “digital divide” che per quello basterebbe portare a compimento la posa della fibra ottica per la quale peraltro sono stati investiti negli anni  scorsi ingenti capitali pubblici.

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Francesco Comotto

Consigliere Comunale a Ivrea dal 2013.

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