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Lunedì, 10 Giugno 2019 11:41

La ricchezza del Belpaese

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Certo che noi italiani siamo proprio un popolo strano. Potremmo vivere bene, anzi benissimo, tutti, ma proprio tutti, solo utilizzando in maniera sostenibile ciò che il nostro Paese naturalmente ci offre e invece preferiamo scimmiottare gli altri, spesso importandone le abitudini peggiori.

Abbiamo settemilacinquecento chilometri di coste stupende, le montagne più belle e alte d’Europa, laghi da cartolina, cultura e tradizioni millenarie, una cucina che non ha eguali al mondo, una biodiversità senza pari, emergenze geomorfologie e paesaggistiche, vulcani attivi, isole meravigliose, monumenti unici, grandi vini, edifici di grande pregio architettonico, centri storici e musei di bellezza impareggiabile, maestri artigiani di livello assoluto, un’agricoltura dai mille prodotti, siamo una terra di ingegno e di arte, capaci di grandi imprese sportive e non solo. Tutte peculiarità che nel mondo intero ammirano e ci invidiano. Questa lista, certamente incompleta, non è frutto della fantasia, ma della realtà che sta sotto quel velo di nebbia che nel corso degli ultimi decenni ha annichilito le nostre coscienze, ha anestetizzato la nostra umanità, ha limitato la nostra capacità di guardare oltre, ha offuscato i nostri sogni e le nostre visioni.
Eppure basterebbe poco per organizzare e mettere ordine in tutto questo tramite politiche pubbliche basate sull'onestà, sulla giustizia, sull'equità, sulla creatività, sulla solidarietà, sulla sostenibilità ambientale, sociale, economica. E chi avrebbe dovuto fare, o potrebbe cominciare a fare, tutto questo se non la politica? Per anni, ormai decenni, ci siamo sentiti ripetere che non si può vivere di turismo, di agricoltura biologica, di cultura, di bellezza, di energie rinnovabili, di attività sportive, di ricerca scientifica, di eccellenza scolastica, di arte, di ingegno, di poesia, di artigianato di qualità. Il perché non ce l'hanno mai spiegato semplicemente perché non esiste un perché che abbia un fondamento logico. Ricorderò sempre la frase che mi disse un importante politico locale quando, giovane Sindaco di un piccolo paese canavesano, sostenevo che si sarebbero dovute sfruttare meglio le potenzialità del nostro territorio con un focus sull'Anfiteatro Morenico di Ivrea e la straordinaria figura di Adriano Olivetti. La frase, più o meno, era: "Mica si può pensare di riempirci la pancia col turismo, l'economia si fa con i bulloni" come per dire che solo l'industria manifatturiera può tenere in piedi un sistema economico, tutto il resto sono palliativi. Purtroppo su questo assunto si è sviluppata l'economia mondiale prima e quella italiana poi incentrando tutto il ragionamento sul mantra del capitalismo fondato sul profitto a qualunque costo, anche sociale e ambientale, e sulla crescita infinita.
Ipotesi alla quale si poteva credere cinquanta anni fa, ma che si è dimostrata nel tempo chiaramente fallimentare se non altro per una questione scientificamente provata e cioè che non può esistere una crescita infinita in un mondo finito. Questo per il semplice motivo che se si vuole produrre sempre di più si devono utilizzare sempre maggiori risorse che però in un mondo finito non sono, per l'appunto, infinite, ma ad un certo punto si esauriscono. In una popolazione mondiale di oltre 7 miliardi di persone, raddoppiatasi in un paio di secoli, è impensabile poter dare lo stesso livello di servizi e benessere a tutti. Esiste da un po' di anni un indicatore, "il global footprint", che, su basi scientifiche, calcola il giorno dell'anno in cui, a livello globale, si sono consumate tutte le risorse rigenerabili della Terra. Dopo quel giorno si attinge alle riserve che però si stanno assottigliando sempre di più. Nel 2018 questo giorno è stato fissato al 24 maggio e si sta avvicinando sempre più all’inizio dell’anno.
Ma torniamo al fatto, o per meglio dire alla bufala, che non si può dare vita ad un sistema economico diverso da quello che conosciamo e che ci viene dato come insostituibile salvo poi vedere i disastri che sta causando in tema di crisi ambientale e, di conseguenza, sociale.
Senza addentrarci in complesse disquisizioni di teoria economica e ritornando alle svariate possibilità di sviluppo sostenibile, anche economico, leggiamo ad esempio, sul mensile del Touring Club Italiano, che, in tema di viaggi e turismo: "i benefici previsti per la riduzione del footprint ambientale, per l'incremento della sicurezza dei viaggiatori e per i risparmi di tempo e di costi potrebbero raggiungere i 700 miliardi di dollari". Non certo bruscolini. Apprendiamo altresì che: "L'UE è la prima regione mondiale per arrivi turistici internazionali con il 50% dei flussi globali". E' ovvio che in questi flussi la parte del leone la fa, o potrebbe farla, l'Italia e scendendo di scala anche il Piemonte, il Canavese, l'area dell'Anfiteatro Morenico di Ivrea potrebbero fare la loro parte. Per ciò che riguarda Ivrea e il Canavese possiamo riscontrare un'anomalia in questo ragionamento e cioè il fatto che la grande industria di livello mondiale con Olivetti c'è stata. Ma era lo stesso Adriano a ricordare, nella sua visione comunitaria, che non basta la fabbrica per portare benessere in un territorio, ma serve anche l'agricoltura, la cultura, la bellezza, il welfare, l'artigianato, la ricerca, la socialità, l’arte, l’istruzione, dando vita a tutta una serie di attività collaterali e/o complementari a quelle meramente industriali. Il problema è che dopo la sua morte prematura nessuno ha saputo prendere in mano il suo grande insegnamento e nel giro di pochi decenni le grette visioni, spesso egoistiche, dei vertici aziendali, tutte basate sul concetto di massimizzazione del profitto o, peggio ancora, sugli interessi personali, hanno portato all'estinzione di un' eccellenza mondiale, non solo industriale.
Se pensiamo a quante opportunità e possibilità di sviluppo ci ha sottratto la politica nazionale e locale ci rendiamo conto del tempo sprecato e del disastro sociale, culturale, ambientale che ci troviamo oggi tra le mani. La politica alla quale ci hanno abituati in Italia è solo una lotta cieca e continua tra chi detiene il potere e chi no. E non c'entrano destra o sinistra; si tratta solo di mettersi di traverso criticando, spesso senza ragione, ciò che chi governa cerca di fare. E' certamente legittimo poter criticare, ma è mai possibile che nulla di ciò che fa chi governa non sia mai condivisibile da chi sta all'opposizione? E questo vale sia per il livello nazionale che quello locale. Questo sterile modo di ragionare, sedimentatosi nel tempo, ha portato ad esempio, a livello locale e parlando dei giorni nostri, all'accusa nei confronti di Viviamo Ivrea, forza di minoranza, di non essere più spiccatamente forza di opposizione. Ma se, come chiediamo da anni, nell'ultima variazione di bilancio presentata vengono stanziati 130.000 euro per l'efficientamento energetico di uno stabile comunale, 150.000 per progetti di riqualificazione energetica delle case popolari, 150.000 euro per la rimozione dell'amianto dall'edificio municipale, qualcuno ci può dire perché ci dovremmo "opporre"? Noi continuiamo a credere che le cose possano cambiare, ma ci dobbiamo mettere del nostro perché ciò che è certo è che non arriverà nessun salvatore a tirarci fuori dalla palude.

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Francesco Comotto

Consigliere Comunale a Ivrea dal 2013.

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