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Lunedì, 09 Marzo 2020 21:10

5G: precauzione vs allarmismo (parte terza)

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Nelle ultime due settimane abbiamo accennato all’esistenza di studi scientifici, sempre più numerosi, che evidenziano la potenziale dannosità delle onde elettromagnetiche, ma abbiamo anche segnalato alcune voci critiche verso questi studi, seppur quest’ultime in numero decisamente minore, soprattutto se non a libro paga delle compagnie telefoniche.

Pur senza volersi schierare aprioristicamente da una parte piuttosto che dall’altra va evidenziato come le posizioni più preoccupate dalla proliferazione di apparati emittenti (antenne, smartphone, wireless e altro) provengano da studi indipendenti o pubblici basati su esperimenti scientifici diretti mentre chi tende a minimizzare i possibili effetti non si basa su studi propri, ma tende a confutare o a criticare quelli degli altri.

Per una maggior comprensione dell’argomento facciamo un piccolo passo indietro e andiamo a vedere cos’è questa famigerata tecnologia di quinta generazione. Si tratta intanto di campi elettro-magnetici emessi su radiofrequenze diverse da quelle precedenti (da 800 a 2,6 GHz) basate su tre bande di frequenza: 694-790 MHz, 3,6-3,8 GHz e 26,5-27,5 GHz. Una prima considerazione che  si può fare è quella che le onde elettromagnetiche hanno la caratteristica che con l’aumentare della frequenza diminuisce la loro capacità di penetrazione, ad esempio attraverso le foglie degli alberi. In diverse città italiane e non solo si è assistito negli ultimi tempi a strane campagne di taglio di alberi anche di grossa taglia che erano lì da decenni se non secoli, ma tant’è, c’è da sperare che abbiano avuto i loro buoni motivi.

Al di là delle nuove bande di frequenza, ciò che rende rivoluzionaria la tecnologia 5G è la copertura del segnale cosiddetta “user-centric” e cioè indirizzata al singolo utente o apparato che in termini tecnici viene definita: “beamforming”. A differenza delle precedenti Stazioni Radio Base (SRB), che emettono un solo segnale di potenza costante per 24h al giorno, le nuove antenne si attivano solo nel momento in cui agganciano un utente all’interno del campo elettromagnetico di influenza e lo potranno seguire perché non più monodirezionali, ma a direzione variabile.

Questa caratteristica unita alla minore capacità di penetrazione ridurrà di molto l’area di influenza di un’antenna (small cells) che  passerà da qualche chilometro, come ora, a qualche decina di metri all’interno degli edifici e qualche centinaio all’esterno. Per fare questo i nuovi apparati emissivi dovranno essere molto vicini e si moltiplicheranno all’infinito per cui ci saranno antenne nei tombini, sui lampioni, sui tetti di case ed edifici pubblici, ecc. Un’immensa griglia che con l’aggiunta di apparati emittenti su droni e su oltre 20.000 satelliti irraggeranno l’intera superficie terrestre. Tutto questo avverrà senza che nessuno ci abbia chiesto il permesso e se fossimo interessati a far parte di questo immenso campo elettromagnetico artificiale dal quale saremo irraggiati per sempre e su ogni angolo del Pianeta.

Un altro termine che si sente sempre più spesso associato al 5G è che questo consentirà l’”Internet of Things” (IOT) perché oltre che gli umani potrà mettere in contatto gli oggetti che, dotati di una piccola CPU (Central Processing Unit) si trasformeranno in “device” che potranno conferire tra di loro. Uno degli esempi più ricorrenti è quello del frigo di casa che nel momento in cui finisce la nostra birra preferita potrà ordinare, in tutta autonomia e ovviamente online, una nuova confezione di bottiglie che magari ci verrà consegnata da un drone, pilotato in remoto, mentre per il pagamento ci avrà già pensato, in rigoroso anticipo, il nostro simpatico frigorifero che nel frattempo abbiamo autorizzato a rilasciare al negozio di e-commerce le credenziali della nostra carta di credito. Oltre il frigorifero ovviamente qualunque altro tipo di oggetto potrà venire connesso, dalla caldaia/condizionatore al forno a microonde e in particolar modo si sta pensando alla guida autonoma dei mezzi di trasporto, alle linee produttive delle fabbriche e via discorrendo così che l’uomo diventerà sempre meno indispensabile. Non c’è spazio per approfondire questo argomento di forte impatto sociale e antropologico, ma su questo “mondo nuovo” forse sarà il caso di fare qualche riflessione se non altro perché chissà che l’intelligenza artificiale non diventi talmente intelligente e fuori controllo fino al punto di poter decidere che degli umani si potrà anche fare a meno. Questo tema un po’ fantascientifico, ma nemmeno poi tanto, eleva all’ennesima potenza il delicato e sempre più pressante problema della sicurezza dei dati e della nostra privacy. Si sa infatti che queste reti tecnologiche di ultima generazione oltre a carpire dati personali senza il nostro permesso spesso vengono violate da hacker disposti a tutto. Pensiamo ai rischi, già evidenziati dalla grandi potenze mondiali, di violazione di banche dati e sistemi informatici strategici in campo militare.

Rimanendo nel campo di numeri che dovrebbero far riflettere chi ci governa va evidenziato che gli oggetti trasformati in “device” genereranno un enorme traffico di dati e di conseguenza di campi elettromagnetici. Si parla di una densità di 1 milione di apparati per chilometro quadrato che raggiungeranno a livello globale i 20 miliardi nel 2020 e i 55 miliardi nel 2025 su una popolazione che si aggira sui 7 miliardi di persone.

Qualche detrattore delle critiche che vengono mosse sull’eccessiva proliferazione di emissioni da radiofrequenze sostiene che i campi elettromagnetici esistono anche  in natura e questo è certamente vero, ma ciò che va valutato è la densità delle radiazioni artificiali rispetto a quelle naturali. Uno studio pubblicato sulla rivista scientifica inglese Lancet nel 2018 fa vedere che dalla nascita della radio, e quindi dalle prime emissioni di radiofrequenze, la densità delle radiazioni è ovviamente aumentata, ma il dato impressionante è che questo aumento è stato di ben 1018  volte  il che tradotto vuol dire un miliardo di miliardi di volte.

Sperando di non aver annoiato nessuno fino a qui la prossima settimana entreremo più nel dettaglio degli aspetti sanitari, giudiziari e anche … meteorologici.

Di quanto sopra e di altro se ne parlerà in una Commissione consiliare aperta che si sarebbe dovuta svolgere il 6 marzo prossimo, ma che a causa dell’emergenza coronavirus è stata spostata a venerdi 3 aprile.

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Francesco Comotto

Consigliere Comunale a Ivrea dal 2013.

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