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Lunedì, 25 Luglio 2022 12:21

Il punto di non ritorno

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Il drammatico distacco di un enorme pezzo del ghiacciaio della Marmolada, che ha causato la morte di 11 persone, è l’ennesimo grido di allarme che la natura, la montagna in questo caso, lancia a un’umanità indifferente, anestetizzata di fronte allo stupro continuo e costante che da decenni l’uomo sta mettendo irresponsabilmente in atto nei confronti dell’ambiente naturale.

Come se le risorse naturali fossero infinite mentre sappiamo ormai da molto tempo che non lo sono, tanto che siamo arrivati al punto che molti dei cambiamenti in atto sono diventati irreversibili e non si potrà più tornare indietro. Questo vale per i ghiacciai, che stanno scomparendo uno dopo l’altro, ma anche per le specie animali che si sono estinte o lo saranno a breve e per molti altri fronti problematici. Il quadro è fosco da qualunque punto di vista lo si guardi, ma incredibilmente la politica, e di riflesso buona parte della società civile, continuano a mantenere comportamenti insostenibili e irresponsabili dimenticando in fretta, dopo lo sdegno immediato che segue all’ennesima tragedia, tutto ciò che si dovrebbe mettere in atto per invertire la rotta.

Eppure è da decenni che scienziati e ambientalisti ci parlano dei rischi che stiamo correndo e che potrebbero portare all’implosione del sistema mondo, ma fino a quando non accadono eventi drammatici che vanno dalle alluvioni agli incendi, dalle frane al caldo torrido, alle pandemie, non ci si ferma a riflettere. Il problema più grave è però, come accennato in precedenza, che passato lo sgomento del momento si ricomincia dopo pochissimo tempo a tenere gli stessi comportamenti, mentre servirebbe una cesura netta con il passato per dare vita ad una reale rivoluzione culturale che ci consenta di riprogettare i nostri stili di vita. L’errore più grande che è stato fatto negli ultimi decenni è stato quello di pensare che qualcuno, un’entità astratta, avrebbe trovato il modo di risolvere i problemi dall’alto, magari tramite nuove tecnologie, senza costringerci a modificare le nostre abitudini. Ci sono problemi legati alla nostra vita quotidiana che se provassimo a risolvere tutti insieme potrebbero realmente dare vita a una rivoluzione. Pensiamo ad esempio alla questione dei rifiuti, basterebbe impostare delle politiche finalizzate alla riduzione degli imballaggi alla fonte, alla raccolta differenziata, al recupero e al riuso degli oggetti non più utilizzati e in un tempo sostanzialmente breve, se ognuno facesse la propria parte, si potrebbe mettere la parola fine alla costruzione di nuovi inceneritori, alle  discariche abusive, agli sversamenti di veleni e rifiuti speciali nei fiumi e nei terreni.

Ci sono numeri che parlano meglio di ogni altra forma di comunicazione. Autorevoli scienziati hanno calcolato, tramite studi complessi mai smentiti, che nel 1900 la massa di tutte le cose create dall’uomo: oggetti, edifici, infrastrutture, ecc.  costituissero il 3% della biomassa (acqua, piante, animali, persone, ecc). Nel 2020 questo studio è stato aggiornato, anche col supporto di nuove tecnologie, e il dato che ne è emerso è impressionante e ci dice che in quella data, dopo soli 120 anni, il peso di tutte le cose create dall’uomo ha raggiunto quello dell’intera biomassa. Al dato già preoccupante di per sé bisogna aggiungere che mentre la biomassa dell’inizio del secolo scorso era molto variegata quella attuale è composta da molte meno specie animali e vegetali con una perdita secca di biodiversità che di certo non è un bel segnale.

Dicevamo della mancanza di risposte della politica e dei cittadini, non tutti per fortuna, e questo ha fatto sì che l’Italia sia diventata il secondo Paese al Mondo, dopo il Messico, per consumo di bottiglie di plastica ed è ormai acclarato e certificato che la plastica, che non è biodegradabile, necessita di centinaia di anni, qualcuno parla di mille, per degradarsi e uscire dal ciclo della natura. Nel frattempo però, la stragrande maggioranza delle plastiche, inevitabilmente finisce in mare entrando nella catena alimentare dei pesci e quindi nella nostra e questo fatto è ormai dato per consolidato da tutta la comunità scientifica internazionale.

Non possiamo continuare a nascondere la testa sotto la sabbia, ma possiamo e dobbiamo cominciare anche da piccole azioni quotidiane come evitare di consumare acqua nelle bottiglie di plastica, abitudine che peraltro non fa nemmeno bene alla salute.

E se dobbiamo attivarci immediatamente come cittadini la stessa cosa la dovrà fare la politica a partire da quella locale. Su questo fronte non possiamo dimenticare che per ben due volte l’attuale maggioranza in Consiglio Comunale ha bocciato nostre mozioni che chiedevano di riconoscere il cambiamento climatico in atto per cui si ritiene necessario che tutte le politiche pubbliche del Comune  prendano in seria considerazione la loro sostenibilità ambientale. Cosa che l’attuale amministrazione non ha fatto per nulla per cui ci troviamo a dover convivere con un’aria  irrespirabile con continui sforamenti ai limiti di emissioni nocive che di certo non giovano alla salute in particolar modo della fasce di età più vulnerabili come gli anziani o i giovanissimi.

E’ finito il tempo delle parole e delle promesse e già siamo andati oltre ogni limite per sperare in un cambiamento in tempi non biblici; servono azioni concrete che la politica, a partire da quella locale, proprio non riesce a proporre e mettere in atto. A settembre ci saranno le elezioni politiche e nella primavera del 2023 quelle per il rinnovo dell’Amministrazione Comunale eporediese e come elettori dobbiamo fare lo sforzo di documentarci e di indirizzare il voto verso quelle forze che hanno in cima ai loro programmi azioni concretamente attuabili per la salvaguardia dell’ambiente e la salute dei cittadini. Non possiamo perdere un altro treno per un reale cambiamento.

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Francesco Comotto

Consigliere Comunale a Ivrea dal 2013.

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