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Lunedì, 05 Settembre 2022 13:00

Il bordo del precipizio

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Stiamo assistendo ad una campagna elettorale paradossale e per certi versi tragicomica. Per la prima volta ci saranno elezioni politiche a settembre e anche questo la dice lunga sulla situazione drammatica che il nostro Paese sta vivendo seppur agevolato, in peggio, da un quadro internazionale molto più che preoccupante.

 

Da tempo si riscontra un decadimento morale e intellettuale della politica o meglio di quei partiti che dovrebbero alimentare un dibattito pubblico serio e responsabile in nome del Bene Comune e degli interessi della collettività, ma l’infimo livello raggiunto in Italia negli ultimi anni, confermato dall’attuale gazzarra pre-elettorale, ci dice che non abbiamo ancora toccato il fondo.

Senza voler entrare nel merito della crisi di Governo e delle cause che l’hanno determinata ciò che si può dire con assoluta certezza e neutralità ideologica è che una classe politica “decente” avrebbe saputo fare sintesi delle problematiche sul tappeto, non certo nate ora, per tamponare la crisi socio-economica in atto portando la legislatura fino alla naturale scadenza nella prossima primavera. Purtroppo i partiti, svuotati del loro essere fucine di pensiero e incapaci di ascoltare e analizzare i bisogni reali della gente, appiattiti su discutibili e improponibili leader autoreferenziali, non sono stati in grado, come è invece sempre accaduto nei momenti più tragici della storia della Repubblica, di fare un passo indietro e di trovare una linea comune nell’interesse nazionale accecati dalle opportunità, impensabili fino a pochi anni fa per alcuni di essi, che le prossime elezioni offriranno loro. 

Lungi dal pensare che il Governo supportato dai potentati economici e finanziari internazionali fosse ciò che serve all’Italia e agli italiani, ma arrivati a questo punto si sarebbe potuto contenere l’egocentrismo del banchiere Draghi e dare vita, in vista di elezioni a scadenza naturale, ad una campagna elettorale basata su contenuti e in grado, soprattutto, di proporre un progetto politico responsabile e sostenibile orientato al futuro e in grado di far ripartire su basi nuove un Paese che si trova sul bordo di un precipizio.

Eppure nel nostro Paese e in tutti i suoi territori ci sono donne, uomini, ragazze e ragazzi che avrebbero qualcosa da dire e che in taluni casi cercano anche  di dirlo, ma queste persone, che potrebbero diventare un punto di partenza per una società nuova, più equa, giusta, inclusiva vengono emarginate e messe in condizioni di non poter nemmeno gareggiare ad armi pari in una competizione elettorale.

Questo anche perché chi non vuole mollare il potere e tutti i benefici che questo comporta ha approvato delle leggi elettorali vergognose finalizzate a far sì che non ci possa nemmeno essere un auspicabile ricambio nella classe politica.

La lotta, anche fratricida, alla quale stiamo assistendo per una candidatura e per poter sperare di entrare in un Parlamento ormai svuotato di ogni potere costituzionalmente affidatogli la dice lunga sugli interessi di certi squallidi personaggi interessati solamente a trovare una poltrona da occupare e se poi le persone normali, le  famiglie non arrivano a fine mese questo poco importa.

Come si diceva in precedenza esistono a livello territoriale, e io l’ho toccato con mano nel corso della mia esperienza di amministratore locale, persone che hanno idee e che esprimono valori che potrebbero risollevare le sorti di un Paese agonizzante ormai quasi incapace di reagire. Ed è proprio dai territori, dal locale, che bisognerebbe partire visto che a livello nazionale se la fanno e se la cantano come meglio credono indipendentemente dai meriti acquisiti sul campo perché se così fosse la gran parte di quelli che oggi promettono miracoli, che non sono stati in grado di realizzare mentre governavano, sarebbero già stati cacciati dalle stanze del potere per tornare alle loro occupazioni pre-politiche, ammesso che ne avessero una.

In questa campagna elettorale sono scomparsi dall’agenda politica, con la scusa della pandemia prima e della guerra in Ucraina dopo, temi dirimenti quali i cambiamenti climatici, il welfare e l’ammodernamento e la gestione pubblica di servizi essenziali come l’acqua, l’istruzione e la sanità.

Eppure la pandemia non è roba di qualche mese fa, ma ce la trasciniamo ormai da anni con restrizioni e politiche pubbliche in alcuni casi fallimentari, ma senza che i decisori riconoscessero, salvo rari casi, di aver sbagliato qualcosa.

Anni che hanno messo in ginocchio il tessuto sociale e produttivo e condizionato pesantemente i giovani nella loro crescita e nelle loro relazioni. E cosa è stato fatto in concreto oltre le promesse e gli slogan? Pressoché nulla, se non in negativo.

Le scuole non sono state adeguate e ammodernate salvo aver sprecato milioni di euro per dotarle di “banchi con le rotelle”, la sanità è allo sbando e non si vede all’orizzonte la benché minima volontà per interrompere quel processo di privatizzazione iniziato qualche decennio fa nel silenzio colpevole di tutte le forze politiche sia di destra che di sinistra, dell’ambiente non parla più nessuno mentre i fenomeni climatici estremi si moltiplicano, i ghiacciai si sciolgono e le montagne si sbriciolano, la povertà colpisce ormai una fetta sempre maggiore di persone, sempre più aziende e studi professionali chiudono.

E di cosa sentiamo parlare in campagna elettorale? Presidenzialismo, blocchi navali contro i migranti, riapertura delle centrali a carbone. Viene da domandarsi: ma chi si candida a governare l’Italia vive nello stesso Paese dove viviamo noi comuni cittadini?

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Francesco Comotto

Consigliere Comunale a Ivrea dal 2013.

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