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Martedì, 16 Aprile 2019 19:59

Cittadinanza attiva e coscienza civica

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Quando si cita il termine politica la reazione più probabile, oggi, di un cittadino italiano è quella di fastidio se non di vero e proprio rifiuto. Questo accade perché decenni e decenni di gestione del potere tramite pratiche clientelari e malversazioni di vario tipo hanno snaturato completamente il significato ed anche il ruolo, fondamentale, che la politica, quella vera, dovrebbe svolgere all’interno di una società evoluta e civile.

Il problema sostanziale di questa deriva è legato al fatto che la società si è profondamente evoluta in tutti i campi, pensiamo ai trasporti, all’informazione, al mondo del lavoro, all’istruzione, al turismo, all’innovazione tecnologica in generale mentre la politica o per lo meno il modo di fare politica è rimasto ancorato a vecchie liturgie ormai anacronistiche.
Senza andare troppo indietro nel tempo per analizzare le cause della nascita della politica possiamo limitarci a dire che, almeno fino all’inizio del novecento, questa attività era fortemente limitata in base al censo essendo praticabile solamente da persone benestanti. Peggio ancora le limitazioni legate al genere se pensiamo che le donne in Italia hanno potuto cominciare a votare solamente dal 1946. Ecco perché ad un certo punto per rendere l’attività politica maggiormente aperta e inclusiva nacquero i partiti politici quali spazi entro i quali chiunque avrebbe potuto esprimere il proprio pensiero e magari, tramite il supporto solidale dell’organizzazione, intraprendere una carriera politica in uno dei livelli istituzionali definiti dalla Costituzione.
Parliamo ovviamente di una società che nulla ha a che vedere con quella di oggi e della quale non si ha più nemmeno memoria tanto che le nuove generazioni “digitali e iperconnesse” non riescono nemmeno ad immaginarla.
Ciò che appare oggi paradossale è che in un mondo radicalmente cambiato le dinamiche dei partiti politici sono rimaste sostanzialmente le stesse pur essendo passate da un’impostazione ideologica basata sui valori a una imperniata sugli interessi personali e/o quelli di gruppi oligarchici di potere.
Si è passati nel corso dei decenni dall’obiettivo universale del bene comune a quello particolare dell’interesse di pochi. La trasformazione della società globale in chiave individualistica ed egoistica ha poi fatto il resto con una politica che invece di generare gli anticorpi necessari a fermare questa deriva si è messa a disposizione del dio denaro. Motivo per cui ha prevalso, nel tempo, una visione utilitaristica della gestione del potere che antepone le risorse materiali a quelle immateriali, il sotterfugio alla legalità, l’opacità delle procedure e delle decisioni alla trasparenza della Pubblica Amministrazione.
La politica “vera” avrebbe invece il compito di partire da un assunto diametralmente opposto: prima si pensa alla soluzione dei problemi, alle idee, ai progetti e dopo si reperiscono le risorse necessarie, rese possibili dal denaro pubblico - che finanziamo con una imposizione fiscale elevatissima – evidenziando che molti dei problemi che assillano la nostra quotidianità si potrebbero risolvere a costo zero. Ad esempio sul tema della sanità allo sfascio basterebbe mettere in piedi serie campagne pubbliche di prevenzione, a costi irrisori per lo Stato, per ridurre drasticamente la corsa ai farmaci, alla diagnostica e alle cure sanitarie e di conseguenza la spesa pubblica. Certo in questo caso diversi miliardi di euro smetterebbero di alimentare un sistema predatorio del quale leggiamo ogni giorno nelle cronache giudiziarie, fatto di concorsi e bandi truccati, favoritismi, lottizzazioni, promozioni pilotate.
Lo stesso si potrebbe dire per la scuola, i trasporti, la cultura e per le politiche pubbliche oggi non certo gestite nell’interesse della collettività e in termini di equità e giustizia sociale.
Temi peraltro non certo nuovi se anche l’illuminato Adriano Olivetti già negli anni ’50 del ‘900 metteva profeticamente in guardia dalla deriva già allora intrapresa dai partiti politici.
Il problema è come fare a modificare lo status quo. Ciò che noi sosteniamo da anni è che necessiterebbe il risveglio di una coscienza civica, perdutasi nel tempo, tramite forme di cittadinanza attiva e per questo abbiamo fondato e messo a disposizione della città una associazione politico-culturale come luogo nel quale discutere proprio di questi temi valorizzando le competenze e le esperienze dei cittadini al di là della loro appartenenza a qualche partito politico. Associazione nella quale ogni proposta e ogni idea sono ben accette e possono diventare la base di un dibattito che può portare nelle sedi istituzionali più opportune le istanze concrete dei cittadini.
Si tratta di un cambio radicale del modo di fare politica in un ente locale al quale ci siamo dovuti purtroppo abituare. Nuove modalità che già vengono attuate in diversi comuni virtuosi sia italiani che esteri dai quali si potrebbero prendere ad esempio quelle buone pratiche che fanno della partecipazione dei cittadini alla vita pubblica un caposaldo imprescindibile.
Purtroppo ad Ivrea, nonostante proclami e promesse elettorali, l’aria del cambiamento non riusciamo a coglierla salvo qualche sporadico tentativo che abbiamo appoggiato senza pregiudiziali. Sui primi nodi di rilievo arrivati al pettine quali le criticità interne alla Fondazione Guelpa ecco che la trasparenza e la partecipazione promesse sono sparite dall’agenda dell’Amministrazione preannunciando un futuro prossimo caotico e incerto.

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Francesco Comotto

Consigliere Comunale a Ivrea dal 2013.

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