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Martedì, 03 Novembre 2020 17:22

Coraggio e responsabilità

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Con la pandemia da coronavirus stiamo vivendo un periodo della nostra vita che mai avremmo immaginato possibile anche solo qualche  anno fa. Si tratta di una fase molto critica che una politica disattenta e troppo incentrata sul denaro e sulla ricchezza materiale non ha saputo affrontare con la necessaria determinazione.

Da anni, decenni ormai, parti consistenti di popolazione in tutto il globo manifestano la loro preoccupazione per: i disastri ambientali, l’aumento esponenziale delle disuguaglianze, il dissesto idrogeologico, la finanziarizzazione dell’economia, l’aumento dell’inquinamento, l’eccessivo numero di guerre e armamenti e la pandemia da covid pare essersi inserita “naturalmente” nel tragico solco del disinteresse della politica mondiale per questi temi ormai sotto gli occhi di tutti.

Le fasi critiche storicamente portano a dei cambiamenti a volte anche radicali, non necessariamente negativi. D’altra parte la parola “crisi” deriva dal verbo greco krino che vuol dire discernere, giudicare, valutare e non riveste un’accezione solamente negativa, come invece si interpreta oggi nella maggior parte dei casi. Trattandosi di un periodo di riflessione infatti una crisi può evolvere verso un miglioramento dello status quo portando ad una fase nuova di rinascita. Questa seconda accezione positiva è quella alla quale in molti hanno sperato durante la prima ondata primaverile del covid 19, ma purtroppo gli eventi attuali ci stanno dimostrando che quanto accaduto allora è servito poco o nulla, senza dare vita a un radicale ripensamento del nostro modo di vivere e delle nostre abitudini, comprese quelle peggiori.

Non è certamente facile per chi riveste oggi dei ruoli decisionali fare delle scelte alla luce della complessità della situazione e non è nostra intenzione criticare aprioristicamente quanto fatto nella fase 1 quando il nostro Paese si è trovato, per primo in Europa, a dover affrontare una situazione inedita e imprevista. Sono però inaccettabili, alla luce di ciò che sta accadendo, l’inefficienza e l’impreparazione dimostrate dalla politica nei mesi estivi nonostante la pandemia non si sia, di fatto, mai fermata e nonostante in molti continuassero a ripetere che ci sarebbe stata una ripresa dei contagi con l’arrivo della stagione più fredda. Non serviva essere dei virologi per poter affermare questo, bastava guardarsi intorno per vedere cosa stava accadendo nel resto del mondo e trarre le dovute conseguenze. Abbiamo preferito invece crogiolarci sui bassi numeri di fine estate per dire quanto eravamo stati bravi fungendo da esempio al resto del mondo, mentre  era chiaramente solo una questione di tempo. Non c’era infatti alcun motivo per pensare che uno Stato i cui servizi pubblici sono stati depredati e svuotati nel tempo a favore del privato si ritrovasse tutto d’un tratto attrezzato per affrontare con maggior serenità una più che probabile seconda ondata.

Va anche aggiunto che un’ampia fetta di popolazione non ha fatto nulla, o poco, per contenere e limitare nuovi focolai e così abbiamo visto tutti il menefreghismo generalizzato e irresponsabile messo in campo nella sciagurata estate appena trascorsa.

Abbiamo davanti tempi duri che andranno affrontati con determinazione da chi dovrà prendere decisioni importanti e magari impopolari, ma non è possibile continuare a procrastinare nel tempo quelle azioni necessarie a depotenziare il contagio consentendoci di tornare a una vita più normale seppur evidentemente diversa da quella pre-covid. Nulla sarà come prima e sarebbe utile che la politica, compresa quella locale, cominciasse a ragionare sul mondo nuovo di domani, perché non possiamo permetterci di bruciare un’intera generazione di giovani oggi barricati in casa dietro lo schermo di un PC o di un cellulare (ovviamente chi può premetterselo).

E’ il tempo delle responsabilità e delle scelte coraggiose che andrebbero prese imparando ad ascoltare tutti, dagli esperti di settore, ai giovani, al mondo associativo, alle minoranze. Oggi viviamo in una sorta di “sospensione della democrazia” a partire dai DPCM a livello nazionale fino alla negazione della possibilità di svolgere i consigli comunali in presenza, ovviamente previo l’assunzione di tutte le precauzioni possibili e immaginabili.

Credo di essere agli antipodi del pensiero politico del leader della Lega, ma quando lamenta il fatto che il Parlamento sia stato esautorato dalle proprie competenze e tutte le decisioni vengono prese solo a livello di esecutivo senza il minimo dibattito con le minoranze non posso che dargli ragione. Peccato che a livello comunale e regionale, dove la Lega detiene la maggioranza, si comporti esattamente alla stessa maniera.

Quando uscirà questo articolo infatti si sarà già svolto in videoconferenza, con tutte le incognite e le difficoltà del caso, l’ultimo Consiglio Comunale nonostante la richiesta del sottoscritto, motivata con tre pagine di argomenti, di poterlo svolgere in presenza visto che la legge lo consente. Ovviamente, repetita iuvant, con tutti gli accorgimenti anti contagio del caso. Il problema è che l’attuale maggioranza non vuole che ciò avvenga perché in ogni Consiglio comunale in presenza ne emerge chiaramente l’inconsistenza e l’approssimazione e potersi nascondere dietro a un video, con tanto di suggeritori nascosti, può essere di grande aiuto in questi casi.

Si diceva in precedenza che è l’ora della responsabilità e un coinvolgimento “reale, diretto e trasparente” delle minoranze potrebbe aiutare la città ad uscire da una crisi che si sta espandendo a macchia d’olio partendo dalla questione sanitaria per toccare gli aspetti sociali, economici, lavorativi, educativi, nessuno escluso. Ma per fare questo serve ciò che la Legge consente e cioè riunirsi in presenza e pubblicamente se non altro per rispetto di tutte quelle categorie professionali facenti capo alla Pubblica Amministrazione che quotidianamente devono scendere in campo senza che a loro venga chiesto se preferiscono lo smart working (mai parola straniera fu più abusata e usata impropriamente). E mi riferisco agli operatori sanitari di tutti i livelli, agli insegnanti e agli ausiliari dei servizi educativi, agli operatori nelle RSA, alle forze dell’ordine, agli operatori ecologici e mi scuso se dimentico qualcuno. Quali rischi si correrebbero partecipando a una riunione in uno spazio sufficientemente ampio da svolgersi con sanificazione all’entrata e all’uscita, mascherina, lavaggio delle mani, sanificazione dei microfoni ad ogni interevento (se non se ne può avere una a testa), arieggiamento costante del locale?

Certamente meno di quelli che avrebbero corso i partecipanti al “Mercato della Crocetta” del 1 novembre in via Cascinette repentinamente sospeso solamente dopo una levata di scudi dei cittadini preoccupati, perché fosse stato per l’esecutivo si sarebbe potuto svolgere tranquillamente. Altro che due pesi e due misure …

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Francesco Comotto

Consigliere Comunale a Ivrea dal 2013.

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