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Martedì, 20 Aprile 2021 12:25

Se l'approssimazione diventa una regola

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La politica nasce ad un certo punto dell’evoluzione umana per organizzare in maniera equa la società. Prima della sua esistenza la regolazione delle relazioni sociali avveniva soprattutto in base a rapporti di forza basati spesso sulla violenza. Altri elementi distintivi sono sempre stati la differenza di censo e di classe sociale senza la possibilità di passare dai livelli più bassi ai piani alti.

 

È servito un lungo e accidentato percorso, ma alla fine si è capito che senza regole condivise il caos avrebbe continuato a regnare sovrano. Si sono quindi trovate delle modalità operative che consentissero a gruppi ristretti di decidere della sorte delle persone. Non entriamo nel merito di come questi rappresentanti venivano e vengono scelti perché non è il fine di questo articolo.

Elemento fondamentale per fare sì che una struttura politica possa dettare regole, e poi verificare che vengano rispettate, è l’autorevolezza degli organismi istituzionali che la politica stessa ha creato e che dovrebbe utilizzare per dare equilibrio ed equità ad un sistema sempre più complesso. Va aggiunto che da un certo punto in avanti, simbolicamente rappresentato dalla nascita del capitalismo, si è avviato un lungo percorso che ha portato, e continua a portarci, verso una deriva economicista della società basata su una visione utilitaristica della vita considerando il fine di ogni azione umana il conseguimento del vantaggio personale. Per dirlo in altro modo mentre la politica nasce per ovviare alle disparità e alle disuguaglianze, posizionandosi ad un livello superiore all’economia, col passare del tempo questa scala di valori si è ribaltata tanto che oggi è l’economia a decidere e la politica ad adeguarsi. Questo ha fatto sì che la politica abbia iniziato un percorso di depauperamento e di involuzione delle proprie prerogative determinando un calo, a volte un crollo, della qualità del dibattito pubblico, spesso a scapito di interessi privati.

Fatta questa premessa e tornando ai giorni nostri possiamo evidenziare ad esempio di come la pandemia abbia ulteriormente ristretto i confini dell’arena pubblica lasciando nelle mani di pochi, spesso degli esecutivi e quindi di chi governa, una potestà decisionale praticamente illimitata (vedasi i famigerati DPCM o le ordinanze regionali o sindacali, tanto per fare un paio di esempi) senza utilizzare gli strumenti di controllo e di equilibrio di poteri che secoli di storia ci hanno consegnato come elementi sostanziali e necessari.

Se non è il dibattito politico, pubblico e trasparente, a dettare le regole del gioco ecco che spuntano poteri altri, privati e non istituzionali. In questo modo diventano superflui gli elementi fondanti della politica il cui compito, sempre più di frequente, si riduce nell’assecondare interessi di parte, soprattutto privati, senza preoccuparsi minimamente del bene comune. In una concezione della politica di questo tipo diventano superflue buone prassi fondamentali per la buona amministrazione della res publica quali la programmazione, la condivisione, lo scambio di idee, il confronto democratico, la trasparenza, il rispetto istituzionale e una corretta e veritiera comunicazione.

Lo spunto per questa riflessione ce l’ha dato l’ultimo Consiglio Comunale nel quale, sempre in video chat e ormai a notte fonda, è stato discusso, si fa per dire, il bilancio preventivo 2021 anche se siamo già ad aprile e di preventivo c’era molto poco. Una cosa che ci ha fatto pensare, emersa anche nel dibattito consigliare, è che il Documento Unico di Programmazione e di conseguenza il Bilancio, fossero stati redatti da qualche poco accorto consulente esterno con grande (ab)uso del copia-incolla. Giusto per fare un paio di esempi, nella parte introduttiva della sezione strategica a pag. 13 si legge, riferiti al quadro nazionale, che: «l’azione di riforma fiscale in attuazione progressiva di un sistema di “flat tax” come componente importante di un modello di crescita più bilanciato». Il lettore più attento ricorderà essere, quello della più che discutibile ed iniqua “flat tax”, un cavallo di battaglia della Lega nel primo Governo Conte, ma il solerte redattore del DUP si deve essere dimenticato che già nel Conte bis tale ingiusto metodo di tassazione a favore dei ricchi è sparito dai radar, ma anche che, fin dal suo insediamento, il nuovo premier ha sostenuto la necessità di una riforma fiscale complessiva basata sulla progressività dell’imposizione fiscale che è l’esatto contrario di una tassa piatta (flat) e quindi non progressiva.

Qualcuno potrebbe obiettare che si tratta di questioni che riguardano il nazionale e poco hanno a che vedere con il livello locale, ma se non si tratta di elementi essenziali nella redazione del DUP perché sono stati trattati, peraltro in modo un po’ troppo approssimativo?

Riguarda invece in pieno il piano locale quanto si legge a pag.68 nella sezione “Istruzione e diritto allo studio”. A fondo pagina in un capitolo dal titolo: “Sviluppo e consolidamento del Consiglio Comunale delle ragazze e dei ragazzi” si legge tra le attività che questo esecutivo vorrebbe portare avanti: «… prosieguo delle attività del Consiglio Comunale delle ragazze e dei ragazzi […] curando il rinnovo delle cariche biennali, che avverrà a settembre 2018 …»

Ora passi che in tre anni di mandato non sia mai stato nemmeno introdotto l’argomento e non sia dato sapere se questa esperienza formativa ed educativa per i giovani ancora esista, ma almeno correggere date che risalgono a tre anni fa ci avrebbe fatto pensare che almeno qualcuno dalle parti della maggioranza avesse letto il documento. Evidentemente non è stato così perché il refuso è rimasto lì in bella vista fino ai giorni nostri.

Quando parlavamo di rispetto istituzionale ci riferivamo anche a questi poco simpatici passaggi a vuoto. Sbagliare è umano, ci mancherebbe, però leggere degli strafalcioni di questo tipo senza che nessuno dell’esecutivo e della maggioranza se ne sia accorto fa pensare su quale livello di elaborazione e su quale impianto programmatico il bilancio sia stato redatto. Se aggiungiamo che l’esecutivo non fa nulla per poter svolgere i consigli comunali in presenza, come molti altri comuni già fanno da tempo, il quadro, soprattutto per i prossimi due anni, si presenta a tinte piuttosto fosche.

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Francesco Comotto

Consigliere Comunale a Ivrea dal 2013.

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