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Mercoledì, 28 Agosto 2019 18:04

Cara democrazia

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Per fortuna in Italia possiamo ancora aggrapparci nei momenti di bisogno a quell’ancora di salvezza che si chiama Costituzione della Repubblica italiana. E per fortuna ci sono ministri, alcuni addirittura vice-premier, che non la conoscono così che un giorno uno di questi, tra un bombolone, qualche selfie, un post su instagram e un giro su una moto d’acqua della Polizia di Stato decide che basta: non gioco più. Alla faccia dei contratti, degli accordi e degli impegni presi di fronte agli italiani decide, tutto per conto suo e un tantino esaltato dall’inaspettato risultato delle elezioni europee, di mandare all’aria un anno di lavoro da parte dell’esecutivo e che sia arrivata l’ora di mandare tutti a casa. A cominciare dagli altri ovviamente, in primis il premier Conte, perché lui e i suoi sodali per intanto non si sono dimessi tenendosi ben aggrappati alla poltrona.

La Costituzione, sì, proprio quel “noioso testo” che qualcuno poco tempo fa voleva “alleggerire” per creare le condizioni di ricevere un’incoronazione a vita e maggiori poteri in capo al premier. Né più né meno di ciò che ha tentato di fare oggi il ministro padano passando però per una strada un po’ più diretta, per usare un termine oggi molto in voga diciamo: populista.
Va anche detto che questi giovani capopopolo ogni tanto le sparano grosse dimenticandosi spesso ciò che hanno sostenuto con enfasi qualche settimana o mese prima. Tutti ricorderanno le parole dell’ex Presidente del Consiglio che prima della sonora sconfitta al referendum costituzionale del 4 dicembre 2016 disse con enfasi: “Se perdo il referendum sulla riforma costituzionale smetto di far politica”. Eh già, non solo promise di dimettersi dal suo ruolo istituzionale, ma proprio di smettere con la politica e infatti …
Tornando all’attualità sarebbe bastata anche una veloce lettura sotto l’ombrellone del testo base della nostra democrazia parlamentare per capire che lo scioglimento delle Camere spetta al Presidente della Repubblica e non al primo che passa nei corridoi di Palazzo Chigi e men che meno a uno che sta bevendo uno spritz al Papeete. Si tratta peraltro di una delle parti più interessanti del corso di Istituzioni di Diritto Pubblico che le matricole affrontano al primo anno di Scienze Politiche. Leggendo e documentandosi a volte si scoprono delle cose che uno non si sarebbe mai immaginato e questo indubbiamente avrebbe potuto aiutare qualcuno ad evitare di dire della scemenze che non stanno né in cielo né in terra, per lo meno in un ambito istituzionale.
Tanto per fare un esempio fin dai primi proclami che inneggiavano ad un ritorno alle elezioni in molti si sono chiesti perché si sarebbe dovuti andare nuovamente a votare visto che l’abbiamo fatto poco più di un anno fa. Il voto ha determinato la composizione dell’attuale Parlamento, che fino a prova contraria è assolutamente legittimo e scelto dal popolo, e in quel luogo sacro alla democrazia possono esistere maggioranze diverse, non è certo una novità ed è patetico gridare allo scandalo visto che ci si sta muovendo abbondantemente all’interno dei confini dettati dalle regole costituzionali con il Presidente della Repubblica a fare da garante. Per lo meno in Italia, in Padania chissà …
Sarebbe curiosa una Repubblica trasformata da “parlamentare” in “elettoral-plebiscitaria” così che ogni qualvolta un sondaggio premiasse qualche gruppo politico questo potrebbe chiedere un ritorno immediato alle urne e ricominciare da capo.
Possiamo solo ringraziare continuamente le madri e i padri costituenti che, da un livello decisamente più elevato, ispirato e trasversale di quello della politica attuale, scrissero delle regole auree che ancora oggi ci consentono di vivere in uno Stato di Diritto regolato da una suddivisione dei poteri che ne garantisce la continuità.
Questa crisi se non altro pare abbia risvegliato negli italiani una voglia di politica, se è vero che oggi al lavoro, al bar o in piazza con gli amici si discute sui possibili scenari che questa curiosa, per tempi e modi, vicenda ci presenterà e se è vero, come letto sui giornali, che addirittura 14 milioni di italiani hanno ascoltato l’informativa del Presidente Conte al Senato. Chi ha avuto la pazienza di ascoltare anche il seguente intervento, piuttosto sconclusionato, dell’ex Ministro degli Interni avrà potuto riscontrare di come un conto sia arringare la folla con slogan preconfezionati nei comizi elettorali o postando su twitter un altro quello di discutere in una sede istituzionale come una delle due Camere.
Da amministratore locale che ritiene necessario un superamento degli attuali partiti tramite forme nuove di impegno civico basate sui territori e sul Bene Comune, che come tale non è né di destra né di sinistra, questa crisi, formalmente iniziata con l’intervento del premier Conte, mi ha sollevato una riflessione. Ho infatti trovato il discorso del Presidente del Consiglio dimissionario un intervento di alto spessore istituzionale pronunciato con un linguaggio chiaro, a tratti duro, ma sempre rispettoso delle persone e dei ruoli. Personalmente non ricordo altri interventi di questo spessore se non andando a ripescare negli archivi, ma dovendo ritornare indietro di diversi anni e decenni. Ho trovato in questo discorso l’essenza della politica e mi ha incuriosito il fatto che è stato pronunciato da un non politico (nell’accezione non uomo di partito). Personalmente credo che oggi sarebbe la persona più indicata a riallacciare fili, relazioni, progetti seppur partendo da una nuova maggioranza. Pare però che al Partito Democratico, o per lo meno a una parte di esso, questa figura non vada a genio e in quanto scritto sopra sul suo essere un non politico capace a fare politica credo si possano trovare le motivazioni di questo astio. Il rischio cioè che un uomo non appartenente ad un incrostato e inconcludente sistema partitocratico potrebbe mettere in piedi e dirigere con competenza e fermezza un esecutivo in grado di governare e di far uscire questo Paese dalle sabbie mobili nelle quali invece una grigia classe dirigente ci ha portati. Quando uscirà questo articolo probabilmente i giochi saranno fatti e vedremo se esiste ancora oggi un senso di responsabilità istituzionale ispirata all’interesse collettivo e non all’ambizione dei singoli. Visti i tempi non c’è certo da stare tranquilli, ma la speranza è sempre l’ultima a morire…

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Francesco Comotto

Consigliere Comunale a Ivrea dal 2013.

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