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Martedì, 29 Dicembre 2020 17:37

Annus horribilis

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Il 2020 rimarrà un anno difficile da dimenticare per una pandemia che non si è ancora riusciti a sconfiggere a livello globale nonostante l’impegno profuso dall’intero mondo scientifico internazionale. In tutti questi mesi il grande assente è stato certamente la politica che invece di seguire l’esempio di apertura e collaborazione del mondo scientifico ha preferito rinchiudersi in sé stessa. A partire da nazionalismi e regionalismi vari fino ad arrivare agli enti locali nei quali, in pratica, da febbraio non c’è più stato un dibattito e un confronto condiviso e democratico sul da farsi.

 

Fin dalla prima ondata abbiamo dovuto assistere a una ridda di numeri che spesso venivano smentiti nei giorni seguenti a causa di una comunicazione istituzionale che ha clamorosamente fallito il proprio compito generando a giorni alterni, come su un ottovolante, crisi di panico, speranze, paure e preoccupazioni, ottimismo. Tutte sensazioni mai suffragate da certezze e con un aumento della confusione a causa di ciò che usciva dai diversi livelli istituzionali dove le regioni hanno giocato una pessima partita come se piemontesi e pugliesi non fossero tutti cittadini italiani con pari diritti e doveri.

Dopo la inusitata e irresponsabile “apertura dei cancelli” estiva, se non ufficialmente concessa nemmeno controllata e limitata, siamo arrivati, come ampiamente annunciato, alla seconda ondata assolutamente impreparati come se quanto accaduto in primavera non ci avesse insegnato nulla.

I numeri di questi giorni sono impietosi e ci dicono che l’Italia è il terzo Paese al Mondo per numero di morti ogni centomila abitanti (112) superata solamente dal Belgio (161) e dal Perù (115). Secondo i dati della Johns Hopkins University in termini assoluti l’Italia si trova al 5° posto al mondo con 68.447 decessi alle spalle degli USA con 316.159, il Brasile con 186.356, l’India con 145.447 e il Messico con 117.876. Come si può vedere siamo i peggiori in Europa e gli Stati che ci stanno davanti hanno popolazioni decisamente maggiori alla nostra come l’India, tanto per fare un esempio che conta 1,3 miliardi di abitanti contro i nostri 60 milioni.

Alla luce di questi numeri un Paese veramente civile e responsabile dovrebbe saper dare vita ad un patto politicamente trasversale, intergenerazionale, responsabile, non ideologico né dogmatico, pragmatico e realista, capace di affrontare la situazione in maniera oggettiva andando alla ricerca della cause che ci hanno portato fino all’attuale disastro. E invece cosa succede in Italia? Una forza assolutamente minoritaria minaccia una crisi di Governo, la maggioranza agisce solo tramite i famigerati DPCM, la minoranza, in ordine sparso, spara a zero sulle chiusure oggi per dire l’esatto contrario domani, il Parlamento non si sa se esista ancora o meno.

Il dibattito e il confronto da tempo non esistono più nemmeno a livello locale dove le riunioni in presenza non sono consentite così che Commissioni consiliari, Conferenza dei Capigruppo e Consiglio Comunale si svolgono in video chat su internet. A questa modalità poco confacente ad un vero dibattito democratico si aggiunge anche la difficoltà, se non in taluni casi l’impossibilità, di poter approfondire i temi trattati analizzando la documentazione. Vuoi perché alcuni elaborati grafici (progetti) sono praticamente impossibili da vedere su un piccolo schermo, vuoi perché la documentazione, anche complessa e corposa, non sempre viene fornita in tempi congrui ai consiglieri comunali c

Il 2020 rimarrà un anno difficile da dimenticare per una pandemia che non si è ancora riusciti a sconfiggere a livello globale nonostante l’impegno profuso dall’intero mondo scientifico internazionale. In tutti questi mesi il grande assente è stato certamente la politica che invece di seguire l’esempio di apertura e collaborazione del mondo scientifico ha preferito rinchiudersi in sé stessa. A partire da nazionalismi e regionalismi vari fino ad arrivare agli enti locali nei quali, in pratica, da febbraio non c’è più stato un dibattito e un confronto condiviso e democratico sul da farsi.

Fin dalla prima ondata abbiamo dovuto assistere a una ridda di numeri che spesso venivano smentiti nei giorni seguenti a causa di una comunicazione istituzionale che ha clamorosamente fallito il proprio compito generando a giorni alterni, come su un ottovolante, crisi di panico, speranze, paure e preoccupazioni, ottimismo. Tutte sensazioni mai suffragate da certezze e con un aumento della confusione a causa di ciò che usciva dai diversi livelli istituzionali dove le regioni hanno giocato una pessima partita come se piemontesi e pugliesi non fossero tutti cittadini italiani con pari diritti e doveri.

Dopo la inusitata e irresponsabile “apertura dei cancelli” estiva, se non ufficialmente concessa nemmeno controllata e limitata, siamo arrivati, come ampiamente annunciato, alla seconda ondata assolutamente impreparati come se quanto accaduto in primavera non ci avesse insegnato nulla.

I numeri di questi giorni sono impietosi e ci dicono che l’Italia è il terzo Paese al Mondo per numero di morti ogni centomila abitanti (112) superata solamente dal Belgio (161) e dal Perù (115). Secondo i dati della Johns Hopkins University in termini assoluti l’Italia si trova al 5° posto al mondo con 68.447 decessi alle spalle degli USA con 316.159, il Brasile con 186.356, l’India con 145.447 e il Messico con 117.876. Come si può vedere siamo i peggiori in Europa e gli Stati che ci stanno davanti hanno popolazioni decisamente maggiori alla nostra come l’India, tanto per fare un esempio che conta 1,3 miliardi di abitanti contro i nostri 60 milioni.

Alla luce di questi numeri un Paese veramente civile e responsabile dovrebbe saper dare vita ad un patto politicamente trasversale, intergenerazionale, responsabile, non ideologico né dogmatico, pragmatico e realista, capace di affrontare la situazione in maniera oggettiva andando alla ricerca della cause che ci hanno portato fino all’attuale disastro. E invece cosa succede in Italia? Una forza assolutamente minoritaria minaccia una crisi di Governo, la maggioranza agisce solo tramite i famigerati DPCM, la minoranza, in ordine sparso, spara a zero sulle chiusure oggi per dire l’esatto contrario domani, il Parlamento non si sa se esista ancora o meno.

Il dibattito e il confronto da tempo non esistono più nemmeno a livello locale dove le riunioni in presenza non sono consentite così che Commissioni consiliari, Conferenza dei Capigruppo e Consiglio Comunale si svolgono in video chat su internet. A questa modalità poco confacente ad un vero dibattito democratico si aggiunge anche la difficoltà, se non in taluni casi l’impossibilità, di poter approfondire i temi trattati analizzando la documentazione. Vuoi perché alcuni elaborati grafici (progetti) sono praticamente impossibili da vedere su un piccolo schermo, vuoi perché la documentazione, anche complessa e corposa, non sempre viene fornita in tempi congrui ai consiglieri comunali che si trovano a dover leggere centinaia di pagine e tabelle, nel caso dei bilanci ad esempio, nel giro di pochi giorni se non di poche ore.

Il livello più basso da questo punto di vista l’abbiamo toccato nell’ultimo Consiglio Comunale nel quale si sono discussi ben tre punti all’Ordine del Giorno riguardanti la situazione finanziaria e contabile del Comune. Documenti che devono passare al vaglio del Collegio dei Revisori dei conti e che sono arrivati via mail 15 minuti prima del Consiglio Comunale: inaudito. Inoltre tali pareri, per chi è riuscito a scaricarli e leggerli, mentre già iniziava il Consiglio Comunale contenevano giudizi piuttosto seri e negativi, almeno su alcuni punti, rimarcando di aver ricevuto la documentazione troppo tardi, in maniera parziale e pure carente dal punto di vista dell’analiticità delle informazioni.

Si vede che nella maggioranza siedono tutti esperti di questioni contabili perché nonostante questi pareri molto dubbiosi e l’assenza, come al solito, di un benché minimo dibattito sui contenuti, hanno votato compatti le tre delibere interessate.

Siamo così giunti alla fine di questo annus horribilis durante il quale, dal punto di vista dell’amministrazione, non si sono certo visti, salvo qualche raro caso da noi prontamente riconosciuto come il Festival dell’Architettura, quegli slanci di cambiamento tanto sbandierati in campagna elettorale. Alla luce di quanto visto e vissuto durante l’anno e di quanto seminato in questi primi due anni e mezzo di mandato facciamo fatica a vedere qualche spiraglio di luce per il futuro prossimo rimanendo, almeno per ora, le grandi istanze aperte ancora irrisolte e senza segnali di pronta risoluzione. Una su tutte, che sarà argomento dei prossimi mesi, è la sfuggente variante al Piano Regolatore riguardo alla quale la Regione Piemonte ha elaborato, alla fine del primo ciclo di conferenze dei servizi, oltre un centinaio di pagine fitte fitte di osservazioni alcune delle quali, pare, piuttosto pesanti. Diciamo pare, perché nonostante si tratti di atti pubblici trasmessi al Comune da diverse settimane non abbiamo ancora avuto la fortuna di poterle vedere.he si trovano a dover leggere centinaia di pagine e tabelle, nel caso dei bilanci ad esempio, nel giro di pochi giorni se non di poche ore.

Il livello più basso da questo punto di vista l’abbiamo toccato nell’ultimo Consiglio Comunale nel quale si sono discussi ben tre punti all’Ordine del Giorno riguardanti la situazione finanziaria e contabile del Comune. Documenti che devono passare al vaglio del Collegio dei Revisori dei conti e che sono arrivati via mail 15 minuti prima del Consiglio Comunale: inaudito. Inoltre tali pareri, per chi è riuscito a scaricarli e leggerli, mentre già iniziava il Consiglio Comunale contenevano giudizi piuttosto seri e negativi, almeno su alcuni punti, rimarcando di aver ricevuto la documentazione troppo tardi, in maniera parziale e pure carente dal punto di vista dell’analiticità delle informazioni.

Si vede che nella maggioranza siedono tutti esperti di questioni contabili perché nonostante questi pareri molto dubbiosi e l’assenza, come al solito, di un benché minimo dibattito sui contenuti, hanno votato compatti le tre delibere interessate.

Siamo così giunti alla fine di questo annus horribilis durante il quale, dal punto di vista dell’amministrazione, non si sono certo visti, salvo qualche raro caso da noi prontamente riconosciuto come il Festival dell’Architettura, quegli slanci di cambiamento tanto sbandierati in campagna elettorale. Alla luce di quanto visto e vissuto durante l’anno e di quanto seminato in questi primi due anni e mezzo di mandato facciamo fatica a vedere qualche spiraglio di luce per il futuro prossimo rimanendo, almeno per ora, le grandi istanze aperte ancora irrisolte e senza segnali di pronta risoluzione. Una su tutte, che sarà argomento dei prossimi mesi, è la sfuggente variante al Piano Regolatore riguardo alla quale la Regione Piemonte ha elaborato, alla fine del primo ciclo di conferenze dei servizi, oltre un centinaio di pagine fitte fitte di osservazioni alcune delle quali, pare, piuttosto pesanti. Diciamo pare, perché nonostante si tratti di atti pubblici trasmessi al Comune da diverse settimane non abbiamo ancora avuto la fortuna di poterle vedere.

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Francesco Comotto

Consigliere Comunale a Ivrea dal 2013.

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